Essays

La meraviglia del reale

Tutta l'arte di Matthias Kostner esprime una particolare predisposizione al realismo, manifestata attraverso la riproduzione meticolosa della figura umana. I suoi personaggi, quanto mai quotidiani, non presentano particolari stranezze: vestono abiti usuali, esprimono atteggiamenti semplici e si muovono, apparentemente, in contesti ben riconoscibili. Eppure, nonostante questa parvenza di normalità, qualcosa sfugge alla totale comprensione. Sono elementi a volte impercettibili, piccole espressioni, comportamenti inconsueti o situazioni ambigue, ma in certi casi, queste “metamorfosi” divengono più evidenti, coinvolgendo i corpi con una decisa azione mutativa. Sembra quasi che la natura voglia riprenderseli, inglobarli nuovamente nel proprio “grembo”: una natura che appare, a volte, come vegetazione; in altri casi, invece, come roccia lavica, quasi volendo esprimere una sorta di unione misteriosa tra lo scorrere del sangue e il fluire del magma incandescente. Così Matthias Kostner si allontana dalla tentazione di compiacersi della semplice abilità tecnica, tentando una strada comunicativa parallela, ma senza per questo rinnegare il profondo amore per la rappresentazione del reale. Al contrario, nella sua opera, la realtà quotidiana pare caricarsi di sorpresa, quasi volendo sottolineare come ogni giorno che viviamo sulla Terra abbia, in fin dei conti, qualcosa di straordinario. La vita, sembra dire, è già un miracolo e non c'è niente di più straordinario che la realtà stessa. Con questa lettura iniziamo dunque a vedere nell'opera di Matthias certi elementi che ci riportano alla grande stagione della Metafisica e del Realismo magico, quando artisti come Giorgio de Chirico, Felice Casorati, Antonio Donghi, Filippo De Pisis e molti altri, iniziarono a raffigurare la vita quotidiana inserendo i loro personaggi in ambientazioni familiari, ma dalle atmosfere sospese e stranianti. Erano gli stessi anni in cui, a Parigi, nasceva il Surrealismo, ma diversamente dai “cugini” d'oltralpe gli artisti italiani restavano ancorati a una classicità ben evidente, le loro figure non avevano strane connotazioni, piuttosto era la loro condizione a destare “sospetto”, quella loro fissità innaturale, il senso crepuscolare, il silenzio circostante da cui sembravano pervasi. Condizioni di evidente allontanamento dalla normalità, eppure restituite secondo le regole della più tradizionale figurazione. A circa un secolo di distanza, quelle caratteristiche sembrano oggi ben presenti nell'opera di Matthias, benché siano inevitabilmente cambiati i caratteri peculiari: i suoi personaggi vestono abiti contemporanei, le pettinature ricalcano le tendenze attuali, anche gli atteggiamenti esprimono quella disinvoltura tipica dei tempi nostri. Si tratta, insomma, di personaggi a noi vicini, ma la loro vita – indipendentemente dall'essere sculture – sembra svolgersi in un contesto parallelo. I loro sguardi, le loro azioni, tutto è parte di un'esperienza unica e irripetibile, inserita in un mondo al quale noi umani non riusciamo ad accedere. Possiamo però guardare, rifletterci in essi, prendere parte indirettamente alla loro felicità, alla meraviglia di tenere un Geco sul dorso della mano, restare in equilibrio su un alveare senza il timore di essere punti, dormire sospesi da terra come se la gravità non rappresentasse un limite. Il verismo di Matthias Kostner è dunque un messaggio, più che una semplice raffigurazione della realtà. È il tentativo di riflettere su noi stessi comunicando la bellezza della normalità, tenendo ben presente che nulla di ciò che esiste può essere dato per scontato e che il messaggio più profondo dell'arte risiede nella parte nascosta, che lo straordinario, cioè, risiede nell'ordinario e la realtà, in fin dei conti, contiene anche il suo esatto opposto.

Andrea Baffoni